I Bombardamenti di Cagliari del 1943 e l’Armistizio del 25 di Luglio nel Ricordo del Professor Beniamino Melis.

 


Il prossimo tredici di maggio ricorrerà l’ottantunesimo anniversario dei terribili bombardamenti che sconvolsero Cagliari nel 1943.  Molto si è scritto e detto su questi eventi ma, oggi, voglio proporvi una testimonianza per me molto speciale. Proprio in questi giorni, infatti, ho ripreso la lettura del testamento spirituale di mio nonno Beniamino. Non l’ho mai conosciuto, giacché egli morì quattro anni prima della mia nascita.   Tuttavia, leggendo  le sue memorie, ho avuto modo di apprezzare un uomo retto e di profonda spiritualità.  Nacque a Selargius, cittadina dell’hinterland cagliaritano.   Fu uomo di scienza e apprezzato docente di chimica organica e inorganica.  Lavorò a Intra*, presso l’Istituto Lorenzo Cobianchi, a Marsiglia, Milano e Palermo. Tornò alfine nella sua terra e assunse l’incarico di Preside presso l’Istituto Tecnico Commerciale Martini di Cagliari. Fra le altre cose, divenne Terziario Francescano e dedicò la sua vita alla famiglia, al lavoro e all’educazione dei giovani nella scuola. La testimonianza che riporto di seguito si riferisce all'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale. Ai tempi in cui le truppe  Anglo Americane prendevano il sopravvento e molte città italiane erano sottoposte a pesanti bombardamenti che costringevano la popolazione a sfollare nei centri rurali. Questa fu anche la sorte dei miei genitori e dei miei nonni.   Uno dei passaggi più critici della nostra storia che Nonno Beniamino, da uomo di fede qual era, così ci tramanda:
 
“Il 13 maggio del 1943 gli Inglesi sferravano un altro feroce attacco aereo sulla già sventurata città di Cagliari. Le case rimaste in piedi erano talmente lesionate da non potersi abitare. La bella via Farina e parte della via Dante, ove era la mia abitazione, erano distrutte. La mia casa rimaneva in piedi ma erano scomparse le finestre, le saracinesche, divelte porte ed altre ridotte in pezzi; le pareti e le soffitte lesionate, un pavimento sollevato, la porta d’ingresso mezzo scardinata; anche i mobili subivano gravi danni. Era un problema raggiungere la via Dante, dovendo ovunque scavalcare montagne di macerie e superare le enormi buche , scavate dalle bombe.  L’edificio dell’Istituto Tecnico era crollato. Attraverso le scale ingombre di rottami raggiungevo l’ufficio di presidenza per assicurarmi soprattutto che gli oggetti della mia devozione, testimoni dei favori celesti fossero salvi. Trovavo il Crocifisso ancora appeso alla parete ma con un braccio rotto e il quadro della Madonna della Pace. Il quadro del Sacro Cuore di Gesù, dono di Suor Tambelli, era a terra, impolverato ma intatto. Un’ottantina di registri, riguardante la situazione scolastica degli alunni, dalla fondazione dell’Istituto erano sepolti sotto le macerie, ma bisognava recuperarli subito. Erano visibili attraverso uno squarcio del muro che limitava la via Sant’Eusebio, ingombra da un imponente cumulo di rottami. Senza esitazione scavalcavo quel cumulo e mi introducevo, attraverso la breccia, in una voragine sulla quale pendeva una volta in cemento armato, che impressionava per il pericolo di rovina, che poteva essere anche imminente. Con sforzi enormi riuscivo a buttare sulla strada i registri, che facevo caricare su carri trainati da cavalli, con altro materiale d’archivio, e trasportare a Genoni, ove l’ufficio riprendeva a funzionare alla bell’e meglio. Avevo anche messo in salvo i mobili della mia casa, trasportandoli io stesso a spalla, nel cortile del palazzo e caricandoli, poi, su altri carri, che li portavano a Selargius in casa di mia sorella Giuditta…”

Iniziava così lo sfollamento dei Cagliaritani  verso i paesi dell’interno della Sardegna. Si sfuggiva ai bombardamenti Anglo Americani ma si andava spesso incontro a forti disagi. Perché occorreva pagare l’affitto, procurarsi da mangiare e, spesso, i padri di famiglia erano costretti, sottoponendosi al rischio delle bombe, a recarsi in città per lavorare, mentre le donne e i piccoli figli attendevano fino a sera il loro ritorno.

Però - racconta ancora Nonno Beniamino - Il Fascismo cadeva il 25 Luglio e il Maresciallo Badoglio succedeva a Mussolini nel Governo. L’Otto Settembre egli chiedeva ed otteneva l’armistizio. Potete immaginare il giubilo del Popolo Sardo e specialmente dei profughi Cagliaritani, costretti, dalla ferocia della guerra, a vivere nei paesi non sempre ospitali dell’isola. Apprendevo la notizia a Nuragus, ove m’ero recato per la consueta visita al nipotino Paolo… Feci, quasi volando, i tre chilometri di strada che separano Nuragus da Genoni, per godere subito, con la mia famiglia, la gioia di quel momento tanto desiderato. I Genonesi erano già sulla strada, conversando in crocchi, perché la radio aveva dato delle notizie sull’avvenimento ed è naturale che nel verificarsi di fatti importanti e desiderati, sorge una forma quasi d’incredulità, che svanisce, però, per effetto di una conferma ripetutamente espressa. -

                         Che c’è di vero……? Che si dice a Nuragus……?

La guerra, almeno per noi, è finita, dicevo nell’insostenibile gioia… La guerra, però non era finita, perché i Tedeschi, non accettando l’atto del Governo italiano, continuavano la lotta, dilaniando le belle città della penisola… S’iniziava così un assillante periodo di ritorni degli sfollati verso Cagliari e i paesi circostanti. Nessun atto spiacevole di guerra si era infatti più verificato nella nostra città, mentre la lotta continuava dura e feroce nella media e nell’alta Italia…”

… e là dove finisce il racconto di Nonno Beniamino sulle vicissitudini di Cagliari e della Sardegna, incomincia la storia che coinvolse molti Italiani nella Resistenza contro il Nazi-Fascismo. Fu una lotta di popolo che riguardò uomini e donne, giovani e vecchi. Operai, professionisti, artigiani, comunisti, laici e cattolici. Una fase di guerra terribilmente cruenta che portò al sacrificio di tanti per l’affermazione degli ideali di democrazia, solidarietà, tolleranza, pace e uguaglianza. Culminò con la Liberazione del 25 aprile del 1945 e la promulgazione della Costituzione Repubblicana del 1948. Le memorie degli avi  servano a noi per non distruggere quel gran lavoro di ricostruzione morale e materiale che, nell' immediato dopoguerra e negli anni ancora successivi, fu portato avanti  e realizzato grazie alla volontà, al sacrificio e all' impegno dei nostri padri.

*All' epoca non ancora ricompresa, coi borghi di Pallanza e Suna, nella città di Verbania.

Nella foto introduttiva: Nonno Beniamino intento nel suo lavoro di chimico.

Commenti

  1. Hai fatto bene a ricordare il Nonno ed anche la guerra con le sue terribili vicissitudini. Purtroppo il pensiero aggressivo e violento permane e le personalità più nocive continuano a primeggiare fomentando la sopraffazione tra le persone ed i popoli.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credo che la sua testimonianza possa fare comprendere un po' a tutti che cosa è, nei fatti, una guerra. Cosa è la distruzione, la morte che ne deriva. La perdita delle persone care, per prima cosa, ma anche cosa significhi veder andare in polvere il nostro mondo, le case, la possibilità di poter lavorare e potersi sostentare in modo autonomo e dignitoso. Mette in evidenza la necessità di fuggire, cercare luoghi sicuri in cui sopravvivere. Prender coscienza del fatto che il luogo in cui si fugge non sempre è ospitale. Che si può anche cadere dalla padella nella brace.Le guerre, poi, nascono sempre dal malvagio impulso alla sopraffazione, dall' odio, dalla protervia. Da volgari interessi economici. C'è chi aggredisce e chi, per forza di cose, è costretto a difendersi. Chi, pur dovendosi difendere, non ne ha i mezzi e si trova stretto fra aggressori e alleati interessati o a mezzo servizio. Quelli che, per intenderci, applicano la regola dell' "armiamoci e partite". La guerra è fatta dalle cose che, in parte e secondo la sua esperienza, descrive mio nonno. Spesso la vediamo come una cosa lontana, ma solo quando ci tocca personalmente con tutta la sua durezza ci rendiamo conto di che cosa dia davvero. In genere, quando prendiamo coscienza di tutto ciò, è sempre troppo tardi.

      Elimina
  2. Risposte
    1. Tratto da un volume dattiloscritto trasmessomi da mio padre qualche anno prima di morire. Un testo prezioso che custodisco con amore. Davvero ricco di straordinari insegnamenti.

      Elimina
  3. Pagine speciali di storia, che riportano, a galla, il dolore di percorsi molto dolorosi.
    Un saluto Fabio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Son le cose che dovremmo mettere in conto, nel caso in cui la nostra civiltà andasse incontro ad un conflitto. Con la certezza che si vedrebbero drammi e violenze ancora peggiori. Buon pomeriggio a te.

      Elimina
  4. che grande emozione leggere queste tue righe... grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Una delle cose che mi ha colpito è che questa narrazione riassume in modo altamente realistico gli orrori della guerra. Nel leggerla ti senti quasi sul posto e in quella condizione. Ti trasmette la condizione psicologica di un uomo che deve affrontare una grave prova eppure cerca , sorretto dalla sua profonda fede, di risollevarsi e fare in modo che la vita possa riprendere. E' una lezione di coraggio e forza d'animo davvero straordinaria per tutti noi. Inevitabile chiedersi:" ma io cosa avrei fatto se avessi vissuto quell' esperienza?

      Elimina
  5. Letture del genere sconvolgono. E io mi sento indifeso e impotente di fronte alla follia umana. Come se chi muove i fili del terrore, della guerra, della morte, ora, non sia consapevole delle sofferenze passate, dell'assurdità dei conflitti, dello spargere sangue, di perdere la vita anziché viverla e goderne. Come se tutte le atrocità siano occorse invano, se tutto il dolore dei nostri avi, di esseri umani, sia stato letteralmente inutile. Non capisco e non capirò mai. Grazie per queste pagine, per questo tuo pezzo di esistenza condiviso..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' vero, caro Franco. L' uomo non coglie mai la lezione della storia e, troppo spesso, dimentica. In questi giorni, per forza di cose, si parla molto di guerra. Quel che mi sembra di cogliere è che se ne parli come se la guerra fosse un qualcosa che si sviluppa solamente sui campi di battaglia, come se fosse solo un problema di mero invio di truppe, forniture di armi a paesi che reputiamo lontani da quella nostra tranquillità che, inopinatamente, diamo per acquisita. Il fatto è che la guerra inizia da lontano e poi travolge tutto come un tornado. Bisogna che tutti, dall' uomo della strada sino ai rappresentanti più alti delle grandi potenze, si rendano conto di
      questo fatto. Prima di trovarci, senza manco accorgercene nell' occhio del ciclone.

      Elimina
  6. Per chi li ha vissuti devono essere stati momenti terribili. Mio padre e i miei zii, i miei nonni, mi raccontavano sempre degli anni della guerra, la paura sotto le bombe, la fame, le fughe come sfollati... Ne ho parlato una volta sul mio blog, una pagina seria una tantum. Se ti interessa dargli un'occhiata lo trovi a questo indirizzo internet:
    https://arianogeta.blogspot.com/2021/05/ricordi-della-guerra.html

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Leggendo il tuo post ho scoperto che i bombardamenti che sconvolsero Civitavecchia seguirono di un sol giorno quelli di Cagliari. Le due città e i loro abitanti accomunate da un tragico destino. Anche i miei genitori raccontavano la storia di quei giorni terribili. Ogni sorta di distruzione e corpi orrendamente mutilati fra le macerie. Non c'era altra scelta che la fuga. Noi figli abbiamo il dovere di riportare queste storie. Far capire ai giovani che la guerra non è un Risiko e neanche un film. Non ci sono controfigure e, quando si muore, si muore per davvero. Anche tu, alla fine del tuo post (oggi più attuale che mai) concludi con la necessità di tenere ferma la memoria di questi eventi e dei sacrifici sostenuti dai padri per risorgere. Alle nostre generazioni spetta il compito di farne tesoro e cogliere, finalmente, la lezione della storia.

      Elimina
    2. Infatti bisogna ricordare sempre, proprio per evitare che certi orrori si ripetano. Poi purtroppo ci sono i Putin e i Netanyahu che se ne fregano...

      Elimina
    3. Proprio per questa ragione, accanto al dovere di perseguire la pace, va sempre tutelato il diritto degli aggrediti e dei popoli vessati a difendersi. E' un'assoluta necessità quando l' interlocutore manifesta palesemente la sua protervia e la chiara volontà di fagocitare il più debole.

      Elimina
    4. Riporto, a proposito del diritto alla difesa degli aggrediti un passo fondamentale dell' enciclica "Gaudium et spes" : "La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto”.

      Elimina
  7. Una testimonianza importante che hai fatto bene a condividere

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso si parli tanto di guerra ma che, ai nostri tempi, non si abbia la cognizione esatta di ciò che da essa può derivare. Necessario ricordare quel che è stato e di cosa, in effetti, si parla. Che la guerra sia tutte queste cose deve essere chiaro a tutti. Sembra, purtroppo, che a non aver coscienza di ciò siano, in tutto il mondo, le classi dirigenti, assai restie a risolvere le controversie con gli strumenti della diplomazia, come invece si dovrebbe. Forse non hanno la cultura e il peso morale per farlo, ma bisogna anche dire che c'è una grande responsabilità anche da parte di chi li ha mandati a governare. Parafrasando le parole di Fabrizio De André, direi che nessuno può ritenersi assolto. Siamo tutti molto coinvolti.

      Elimina
  8. Grazie per questo ricordo.Buon fine settimana.

    RispondiElimina
  9. Direi un grand'uomo. Come tutte le persone della sua generazione che hanno vissuto quel periodo e che hanno visto con i loro occhi la distruzione e il dramma della guerra, fra le esperienze più tremende che un Essere Umano può vivere.

    Importante ricordare, scrivere o citare queste persone perché è da quell'esempio che poi è rinata la Democrazia e la Repubblica in Italia dopo la seconda guerra mondiale.

    Oggi più che mai è importante perché temo (e spero proprio di sbagliarmi) la deriva autoritaria sia dietro l'angolo, anche se mantengo sempre dentro di me la speranza che questo non accada.

    Un salutone, bel post e buon fine settimana

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nonno Beniamino fa parte di quel novero di persone che, ormai, vengono dimenticate e che invece, possono aiutare tutti noi a ricordare quale sia la nostra storia. A capire che il progresso morale, sociale ed economico, realizzato al termine dell'infame dittatura fascista e dopo la seconda guerra mondiale non nasce dal nulla ma da un profondo dolore e da un altrettanto forte anelito di riscatto. Sembra invece che molti abbiano perso di vista questa realtà, che credano che un potere senza controlli, senza i necessari contrappesi a possibili abusi, possa render tutto più facile. Pensano anche che avere "un uomo (o anche una donna) solo al comando" li sollevi da ogni responsabilità mentre, alla fine, nessuno sfugge alla responsabilità per le proprie azioni e finisce, prima o poi col pagarle. Non so se riusciranno a ribaltare la nostra democrazia ma, se dovessero riuscirci, come per tutte le cose umane, di certo non sarà per sempre.

      Elimina
    2. Anche a te un salutone e buon week end.

      Elimina
  10. Ciao Fabio, un testimonianza di vita vissuta in periodo di guerra. Sii fiero di "nonno Beniamino".
    L'ho letta con molto interesse, grazie
    Buon fine settimana
    Rachele

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un grande nonno. Mi dispiace non averlo potuto conoscere di persona. Meno male che c'è il suo testamento spirituale col quale ha lasciato un segno indelebile della sua vita e un prezioso insegnamento per tutti noi.

      Elimina
  11. Caspita, tuo nonno era un personaggio di gran calibro. Le sue memorie sono scritte bene e molto interessanti. Penso a chi oggi subisce il bombardamento della propria città. Io, che non ho particolare spina dorsale, mi sentirei perduto. Quegli uomini cercavano di salvare il salvabile e continuavano a lavorare, a vivere. Coraggio e carattere. Mai arrendersi al male.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mantenere la forza per sopravvivere e risollevarsi credo sia la lezione fondamentale di questa storia. La perseveranza, la fede negli ideali, l' amore per la vita e i nostri cari possono spingerci a raggiungere mete impensabili e ad uscire dalle fasi più oscure. Di certo esistono i momenti di scoramento e la tentazione di abbandonarsi alla resa, ma questa vicenda, unita alla storia della successiva rinascita del nostro paese dalla dittatura e dalla guerra, deve indurci a non perderci d'animo neanche dinnanzi alle crisi più profonde.

      Elimina
  12. Se facciamo caso a quanto coinvolgano film di guerra, di catastrofi, di violenze efferate.. tutte da godere in poltrona col popcorn e la Coca Cola, immagino quanto lontano sia tutta questa utenza dalla minima idea di ritrovarsi un giorno sventrati all'uscita di quel cinema. Triste davvero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. C'è dell' incoscienza se non addirittura un deplorevole pelo sullo stomaco in chi vede guerra, violenza e catastrofi come un semplice spettacolo. La realtà, quando colpisce, è un' altra cosa. Il terrore, la violenza e l' odio, provati sulla propria pelle non son facili da immaginare e, sicuramente, la nostra mente rifugge da tale possibilità. - Tanto - qualcuno pensa - succede agli altri e non a me. - Ma la realtà è diversa perché la pace, la serenità, la libertà, il lavoro e tutti i diritti della persona vanno difesi giorno per giorno. Niente è acquisito per sempre.

      Elimina
  13. Io ho ascoltato sempre i racconti di mio nonno e mio padre sulla guerra. Anche il mio vicino di casa, che era stato in Russia, mi aveva parlato spesso dei suoi ricordi e della sua rocambolesca fuga dalla Russia. Capisco come gli scritti di tuo nonno rappresentino per te una testimonianza preziosa, così come lo sono per me quei racconti. Per me la sola parola "guerra" è fonte di terrore. Ogni volta che ho guardato un film sull'argomento ho sofferto moltissimo, proprio perché sapevo che la finzione cinematografica riportava scene che erano successe davvero e non potevo consolarmi con il fatto che si trattasse soltanto di un film. Sentivo sulla mia pelle la sofferenza di quelle persone, la paura, il dolore per i morti, lo strazio delle madri, tanto che, da anni, non riesco più a guardare pellicole di carattere bellico. Mi fanno stare troppo male. La guerra non è uno spettacolo ed è ormai vicina a noi.
    Libertà e diritti vanno difesi giorno per giorno, come affermi giustamente tu. Non nascondo di essere molto preoccupata.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Son tempi di grande preoccupazione. Sia sotto il profilo del rischio di una guerra, sia riguardo ad un subdolo ma, comunque, evidente tentativo di sovvertimento del sistema democratico. La memoria di quel che fu dovrebbe esserci di aiuto. Certo poco importa a chi aggredisce un paese più debole l' orrore della guerra. Parimenti poco importa della democrazia a chi va in cerca di una rivincita rispetto ad un passato in cui ha combattuto dalla parte sbagliata. Occorre, di questi tempi, aver giudizio. Cercare di evitare gli errori del passato, nella consapevolezza che, a tal fine,sarà necessaria la partecipazione, l' impegno e il coraggio di tutti coloro che hanno a cuore pace e democrazia.

      Elimina
  14. Hai fatto bene a riportare l'attenzione su questi tragici avvenimenti, ancora così vivi grazie al racconto di tuo nonno. Pensiamo a ciò che comporta la guerra e cerchiamo di batterci affinchè quello che è successo non si ripeta !!Saluti cari.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bisogna riflettere su queste tragedie. Oggi, una guerra non avrebbe nè vincitori n'è vinti. Sarebbe solo la catastrofe globale. Non so se tutti se tutti hanno ben chiara questa situazione. Buona serata a te.

      Elimina

Posta un commento

I commenti sono moderati e verranno pubblicati solo se espressi in termini pacati e civili e purché non abbiano carattere di spam o contenuto pubblicitario.