I Ragazzi di Garden Street

 


A dire il vero si tratta della Via Giardini. Ma noi la chiamavamo, scherzosamente così. All’inglese. Niente di straordinario in questa strada del quartiere cagliaritano di Villanova. Casupole di inizio secolo e anche più antiche nel primo tratto, poi, nella zona centrale, una serie di palazzine borghesi costruite fra gli anni cinquanta e la fine degli anni 60. Nell’ultima parte, che si ricongiunge a piazza Kennedy e alla via La Vega, ancora delle vecchie case, il ritrovo dei Mormoni, la scuola delle Suore Francesi e il bar tabacchi, dove io e i miei amici facevamo la scorta di sigarette. Per sentirci più grandi e darci un'aria. Come si fa spesso a quell'età. Sui pacchetti non c’era scritto ancora “nuoce gravemente alla salute” e la gente fumava  dappertutto. Per strada, nei giardini ma anche al chiuso. Nei cinema ma anche nei bagni e nei corridoi delle scuole.  Noi eravamo un gruppo di ragazzi di età ricompresa fra i quindici e i diciassette anni, svagati, chiassosi… e spesso un po’ “scazzati”. Era il periodo delle prime radio libere. Più o meno l’epoca in cui è ambientato il film di Luciano Ligabue “Radiofreccia”. Ma erano anche gli “anni di piombo”. In Italia era scoppiato il “77” e il 1978 fu l’anno dell’uccisione di Aldo Moro con tutto quello che comportò. Anche a Cagliari e in Sardegna si dibatteva di queste cose, ci si preoccupava ma non c’era quel clima da deflagrazione che aveva investito il continente e reso sostanzialmente cupi quegli anni. Noi ragazzi di Garden Street, stazionavamo in una zona appartata della strada, fra il portone del medico della mutua e la latteria di una signora che di tanto in tanto protestava per la nostra animata presenza. Davanti a casa di Mario e Roberto. Al di sotto di un balcone che d’inverno ci riparava dalla pioggia. Non discutevamo più di tanto di politica, perché il collante che ci univa era la necessità di superare il tedio e la monotonia di una città di provincia quale Cagliari era. Non c’era proprio nulla da fare.  A parte giocare a pallone, andare allo stadio per vedere la “rabona” del fantasista Roccotelli e il Cagliari di Toneatto che, come ancor oggi accade, tentava la risalita in serie A, dopo la retrocessione del 1976. Scorrazzare in motorino e organizzare feste. Col chiodo fisso di abbordare ragazze. D’estate ci accoglieva la bianca spiaggia del Poetto col suo mare trasparente e le interminabili “pallette” in acqua, i tiri in porta di testa, le acrobatiche rovesciate … Ricordo ancora le colonne della rotonda del Lido che fungevano da pali della porta, gli schizzi del portiere che si tuffava, l’esultanza per i goal segnati e le imprecazioni per i tiri di poco mancati. I pomeriggi assolati, consacrati alle chiacchiere e al Subbuteo a casa di Ignazio. Però c’era anche la chitarra di Vincenzo… Dio, come ci sapeva fare quello con la sua Eko Ranger a dodici corde, il kazoo, l’armonica a bocca e i capotasti. Qualche volta ha pure tentato di insegnarmi, ma io ero proprio negato e allora mi accontentavo di ascoltare le canzoni di Bennato e degli altri cantautori che lui così bene suonava. Nelle domeniche invernali ci incontravamo, verso le otto e mezza, al “Campo Cima”. Una vasta aerea sterrata ai margini della Piazza Giovanni XXIII, dove oggi sorge il Parco della Musica. Là, giocavamo partite di calcio che terminavano solo verso le 13. Quando lo stomaco iniziava a gorgogliare per la fame e anche l’ultimo filo di energia era stato speso. Eravamo allenatissimi però. Tanto da sentirci squadra a tutti gli effetti. Ironicamente, tra di noi, ci chiamavamo “ Pro Pibinca”* ma quando ci presentavamo ai tornei diventavamo “Panthers Football Club”. Con la maglia amaranto e i bordini viola d’inverno. Quella verde, a maniche corte, i risvolti e il colletto bianco, d’estate. Difficile dimenticare quella straordinaria compagine col filiforme Roberto in porta, Fabio e Mauro, detto Gedeone in difesa assieme a Maurizio, il libero per eccellenza e poi ancora Sandro, che per giocare si toglieva gli occhiali e non so ancora quanto riuscisse a vedere. L’altro Mauro, che abitava sopra il nostro ritrovo di via Giardini e aveva una sorella niente male. Tanto che il babbo, quando le concedeva di partecipare alle nostre feste, si raccomandava di usare “il pettine a denti stretti”. Ma, tornando a parlar della “divina Eupalla”, voglio citare, oltre a Giuseppe, arguto e silenzioso, Mario e Vincenzo che avevano “i piedi buoni” e il compito di buttarla dentro… Poi tanti altri, che qualcuno mi aiuterà a ricordare… magari sfogliando le pagine del nostro giornalino di cricca che si chiamava “A Marolla”** (chissà se qualcuno ne conserva ancora una copia?). Non era facile trovare gli undici da buttare in campo alla domenica e, forse, c’erano anche più difficoltà di quante ne possa incontrare oggi, tra squalifiche e infortuni, Mister Ranieri. Pensate che in squadra di Fabi ne avevamo persino due. Io, appunto, e l’altro Fabio, un longilineo dalla bella parlata romanesca, vivace e dalla battuta sempre pronta. Si trasferì in continente, cosicché la Pro Pibinca fu privata di un importante pilastro nella parte centrale del campo . Ma per fortuna, alla sera, c’erano le feste con le ragazze. Tempo fa ho parlato al telefono con Mauro che ora vive a Nettuno, nel Lazio: - Sai, Fabio – mi ha detto – conservo ancora tutti i dischi di quel periodo. - Quasi per incanto ho risentito dentro di me la voce di Anna Oxa che cantava “Un’emozione da poco”, “Mi vendo” di Renato Zero, Harvest di Neil Young, "Da ya think I'm Sexy?" di Rod Stewart e tanti altri ancora. Ho ripensato a quella festa a casa di Vincenzo, al panorama sul golfo, alle luci delle navi sul mare. C’era Nicoletta quella sera e… da quel momento ho iniziato a frequentare sempre meno gli amici di Garden Street…  Qualche volta son passato ancora da loro… ma ormai ero fuori da quel gruppo con cui avevo trascorso tante giornate. Lontano da quei ragazzi coi quali, senza rendercene conto, ci eravamo trasmessi forza, coraggio e allegria. Ai quali dovevo l’incontro più importante della mia vita. Col tempo ci siamo rivisti. Dapprima solo casualmente. Poi, siccome un incontro tira l’altro, abbiamo ripreso a rivederci in gruppo. Per assistere alle partite del Cagliari a casa di Fabio che è tornato a vivere in Sardegna e per qualche pizzata da Tarcisio che, ora ha sostituito “La Gobbetta”, nostro vecchio locale di ritrovo.  Ho avuto anche il piacere di conoscere Paolo che entrò nella “Pro Pibinca” nel periodo in cui io iniziai a disertare per correr dietro all’amore. La sera, al termine delle nostre riunioni ci dirigiamo assieme verso le nostre abitazioni. Per restare un po’ di più in compagnia, prendiamo un percorso lungo e, camminando assieme per la città, ritorniamo parlando di noi, di quel che accade intorno ma anche scherzando come un tempo. Molte amicizie si perdono per strada. Son tanti quelli che non si rivedono e non si sentono più e ricordano i tempi andati con malinconia. Noi, tutte le mattine ci diamo il buongiorno su WhatsApp e così la giornata inizia nel migliore dei modi. Nella Propibinca, lo spirito di squadra è rimasto e, con esso , "la forza della banda". Dal canto mio son felice di potervi raccontare questa storia. Con la certezza piena d’aver avuto dalla vita un grande dono.

*Il termine "pibinca" viene tradotto dal sardo in vario modo: può voler dire piattola, rompiballe, scocciatura. Per altri la pibinca è una scimmia. Per altri ancora "pibincosu" è quello che ti fa le pulci. Negli anni novanta il soprannome "sa Pibinca" venne affibbiato, dal pubblico dello Stadio Sant'Elia, all'attaccante "uruguagio" del Cagliari Dario Silva. Uno che si mangiava un sacco di goal ma che ne faceva pure di belli e decisivi. Era comunque,  una bella rottura di palle per chi lo doveva marcare. Noi, come dice giustamente il mio amico Mauro, ci chiamavamo così  "per non prenderci troppo sul serio." Per burla, come si addice ad un gruppo di amici scanzonati.

**Trad. dal sardo di "a marolla": “per forza."


Commenti

  1. I momenti della giovinezza e gli amici di quel periodo sono indimenticabili,poi per dirla scherzosamente con le parole di Snoopy,"vennero gli anni del declino",ma il ricordo del tempo giovanile e' sempre presente ed aiuta ancora oggi a sentirsi meglio.

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    1. La cosa bella è il potersi vedere di nuovo. La mia speranza è di poter rivedere anche chi si è trasferito fuori. Per me che, ad un certo punto, mi ero allontanato è stata una cosa particolarmente bella ritrovarli. Il racconto era nato diversi anni fa e aveva un finale diverso. Dicevo che avrei voluto reincontrarci di nuovo per una pizza, una birra o tirar quattro calci ad un pallone. Direi che il mio desiderio è stato in gran parte esaudito. Manca il pallone ma forse coi problemi di schiena e di artrosi che mi ritrovo è meglio così. Però son contento che il finale della storia non sia più malinconico ma, sicuramente, gioioso.

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  2. Bell'amarcord di cui percepisco pienamente il clima, sia pure avendo vissuto "in continente" ;-)
    Il rapimento Moro, le continue notizie di violenza, Rod Stewart e Anna Oxa, il calcio come quasi unico passatempo sia da spettatori (o da ascoltatori col mitico "Tutto il calcio minuto per minuto", che dava un'emozione che il calcio-spezzatino di oggi, con dieci partite giocate tutte in giorni e orari diversi, al confronto mi fa vomitare), sia come "giocatori" con le partitelle nello spiazzo disponibile più vicino.
    Un'altra epoca.

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    1. Che poi non ho raccontato tante altre cose tipo le arrampicate con la corda sui pilastri del vecchio Stadio Sant'Elia per vedere le partite del Cagliari o i giretti senza patente con la mini giardinetta del babbo di Mario, come poco fa mi ha ricordato Mauro. Ne abbiamo fatto di cotte e di crude in una città tutto sommato tranquilla. È un amarcord in chiave anni '70. Tempi duri, socialmente e politicamente è vero. Ma, che per fortuna, lasciavano spazio a fantasia e creatività . Poi, se in certi momenti, ti sentivi un po' troppo costretto, la libertà, in barba a tutto e a tutti, te la andavi a pigliare.

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  3. Grande Fabio, bello scorcio di una vita fra amici che sono rimasti tali. Verista, alla Verga , certamente i ricordi sono belli ,ma più bello ricordarli insieme . Io oggi penso con piacere alle sensazioni che provavo tanto tempo fa ,la voglia di giocare di sfidare tanti "strani" come noi, strani perché a vedere i ragazzi di oggi, quei momenti non credo li possano capire , eppure io li ricordo come il periodo più bello della mia vita e forse anche per questo son tornato definitivamete in questa stupenda Cagliari .

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    1. È stata una esperienza unica, quasi esclusiva. Ma non esclusiva in senso snob, visto che snob non lo siamo mai stati. C'era (e c'è) amicizia vera, senso di appartenenza al gruppo e perché no attaccamento alla maglia (della Pro Pibinca e...del Cagliari ovviamente). Oggi come allora, per dirla ancora con le parole del Liga c'è "la forza della banda".

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  4. Io non ricordo niente. Restano solo le cose molto importanti.
    La morte di Aldo Moro ha cambiato le sorti dell'Italia.

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    1. È stata un'epoca di cambiamenti profondi nella quale è cresciuta e si è formata una generazione di giovani. Può sembrare banale dirlo ma è proprio il collegamento tra gli eventi storici e la nostra vita che, alla fine, ci fa ricordare. L' esser stati ragazzi o uomini in un certo periodo storico.

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  5. Ricordi dolci che ci hai fatto vivere con grande delicatezza e lieve nostalgia. Tifoso del Cagliari a quanto pare. Beh speriamo di ritrovarci il prossimo anno dove entrambe le nostre squadre meritano di stare...

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    1. Grazie caro Daniele. Io vedo il tuo Genoa abbastanza sicuramente in A (è, a mio parere la squadra più forte del torneo). Noi ce la
      vedremo (speriamo) ai play off. Un salutone a te.

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  6. I ricordi di quegli anni sono preziosi. È un mondo che non esiste più, ma quanta nostalgia !!'Buona Pasqua, auguri, auguri.

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    1. Grazie. C'è sempre un po' di nostalgia per gli anni della gioventù. Per fortuna non ci siamo dispersi. Nella mia vita ho conosciuto tante persone ma i miei ricordi più belli e il mio affetto sono legati soprattutto a questo gruppo di amici. Anche a te tanti cari auguri.

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  7. Puoi dirlo forte. Soprattutto sotto il profilo dell'amicizia.

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  8. Sono anni fondamentali per la nostra crescita e trovare amici adeguati è una fortuna esagerata. Grandi gli amici!

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    1. Eravamo semplici, senza fronzoli, allegri , non presuntuosi. Forse un tantino casinisti ma , a quell'età, è giusto così. Da grandi, pur essendo diventati lavoratori e padri di famiglia, la musica non è cambiata.

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  9. Forse, come dici tu, non c'era nulla da fare. Eppure io, quei periodi della mia adolescenza e giovinezza, li ricordo bene. E li ricordo con affetto e malinconia. Perché erano veri e unici, come le persone. Alcune sono ancora nel mio presente, altre sono scomparse ma fanno parte di me. Un abbraccio Fabio, grazie per questo bel tuffo nel passato. Ti auguro una Pasqua serena

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    1. L'amicizia ci aiutava a sconfiggere la noia e a render vive ore che altrimenti sarebbero state molto lunghe da trascorrere. Erano tempi con meno opportunità e passatempi ma questo, alla fine, stimolava la fantasia. Per questo sono esperienze che portiamo sempre nel nostro cuore. Anche a te tanti Auguri di Buona Pasqua.

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  10. I componenti della mia squadra di atletica sono sempre presenti nella mia mente. Con loro ho trascorso momenti indimenticabili. Genova purtroppo è stata protagonista durante gli anni di piombo e la paura di essere convolta in qualche attentato era palpabile. Ci sono stati tanti morti, l'elenco sarebbe troppo lungo.
    Serena Pasqua,

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    1. Mi ricordo che la tua città era nell'occhio del ciclone. Deve essere stato davvero difficile. Noi, solo per quella volta, abbiamo tratto un vantaggio dall'isolamento anche se qualche episodio si è verificato pure dalle nostre parti. Gli amici e le squadre con cui si dividono soddisfazioni e delusioni restano sempre nel cuore. Tanti Auguroni di Buona Pasqua a te.

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  11. Non c'è niente da fare. Gli anni della giovinezza sono indimenticabili. I migliori. Anche le amicizie nate in quegli anni non si possono scordare ed è veramente bello potersi ritrovare. Anch'io conservo ancora alcune amicizie nate quando eravamo ragazzine e ringrazio questi nuovi mezzi di comunicazione, come whatsapp e facebook, che ci permettono di rimanere in contatto anche se abitiamo lontane, salutarci, mandarci notizie e incontrarci di persona, di tanto in tanto. Bello questo tuo spaccato di vita!

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    1. È stata una delle esperienze più importanti della mia vita e questo post è un tributo a un gruppo di persone a me particolarmente care. Grazie per esser passata di qui. Un salutone a te.

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