Se ne son dette tante ormai sulla "questione palestinese" che, con assoluta certezza, costituisce una delle problematiche più complesse dell'attuale geopolitica. Sotto un profilo umano, una situazione di una gravità inaudita. Ora resa intollerabile dalla recente invasione e dagli incessanti bombardamenti israeliani su Gaza City. Una vicenda che dovrebbe scuotere dal più profondo le coscienze. Agitare gli animi e suscitare l'incessante impegno delle diplomazie e delle organizzazioni internazionali. E' vero: c'è stato il folle e ingiustificabile attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ma, ormai, la reazione a quell' atto terroristico sembra decisamente sproporzionata rispetto alla pur gravissima offesa. Si continua a dibattere sul tema "genocidio si - genocidio no" e, mentre ci si perde in parole, l'azione militare israeliana pare sempre più mirata a realizzare uno sterminio di massa. Con buona pace di chi, per lungo tempo, ha esitato a denunziare il genocidio in corso. Mentre noi protestiamo e proponiamo appelli agli Stati e alle organizzazioni internazionali la situazione degenera. Si è cominciato col negare il cibo ai bambini palestinesi e con l' uccidere i genitori che si recavano a ritirare la loro razione di derrate alimentari. Si è creato ogni genere di impedimento ai portatori di aiuti umanitari. Ora si bombarda e si distrugge una città, costringendo un intero popolo a fuggire dalla sua terra. Continua il massacro e, mentre i governi del Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo provvedono opportunamente a riconoscere lo Stato di Palestina, altri (compreso il nostro) traccheggiano, adducendo pretestuose motivazioni. Sconcerta e crea amarezza il fatto che questa situazione sia determinata dall' azione di Israele che pure dovrebbe riconoscere sulla propria pelle le ferite lasciate dalla persecuzione e dallo sterminio nazista. Terribile pensare che i governanti di quel popolo che ha subìto la "Shoa" siano oggi artefici di un nuovo olocausto. Anche a dispetto di quella parte di Israeliani che si oppongono alle scellerate politiche di Netanyahu. Desta scandalo l' indifferenza delle grandi potenze, "in tutt'altre faccende affaccendate", l'inadeguatezza strutturale e organizzativa dell'ONU. Il nascondersi e non levare la propria voce da parte di quei paesi che, sentendosi piccoli, non si esprimono per non mettersi contro i più potenti. L'incapacità di riconoscere lo stato Palestinese e, assieme ad essa, la tragedia che sta vivendo il suo popolo. Perciò, anche attraverso l' esercizio del diritto di sciopero, è fondamentale, per l' opinione pubblica, esprimere l' indignazione verso l' ignavia e l' indifferenza di chi, per posizione istituzionale, avrebbe il dovere di adoperarsi in tutti i modi per risolvere questa crisi politica e umanitaria. Nei confronti di chi, invece di esercitare con coscienza e febbrile impegno il suo ruolo, continua a lasciar che tutto ciò sia e a voltar, vergognosamente, lo sguardo altrove.
Tra pochi minuti, anche il mio blog sciopera per Gaza.
RispondiEliminaOrmai sono in pensione. Nella mia vita di lavoratore ho partecipato a tanti scioperi. Ora che son fuori dal mondo del lavoro ritengo opportuno essere sempre partecipi e stare al fianco di chi lotta e chi soffre. Oggi questo mio post vuole essere una testimonianza di solidarietà a favore del popolo di Palestina. Spero con tutto il cuore che la partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni correlate sia più ampia possibile.
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